BROADCHURCH
Telefilm
in 8 episodi, da circa cinquanta minuti ciascuno.
Lenti,
ma di una lentezza che ammicca al cinema svedese, che serve a creare
l'atmosfera e a far ricadere sullo spettatore tutto il peso di quel
che sta succedendo, reso ancora più triste dalle sfumature
cromatiche, che sanno di grigio, di sbiadito, quasi che i colori,
come la felicità, fossero stati portati via.
Broadchurch,
nella tradizione delle serie Tv post Twin Peaks, è il nome della
cittadina inglese in cui si svolgono i fatti. Anche qui, dunque,
abbiamo un paesino in cui tutti conoscono tutti, apparentemente senza
mistero, ma che, come vuole la tradizione, nasconde invece molti
segreti.
C'è
poi, naturalmente, l'omicidio, questa volta quello di Danny Latimer,
un ragazzino di undici anni, amato dalla famiglia (che però non si è
accorta che questi neppure è venuto a dormire a casa) e dalla
piccola comunità. Prima pare un suicidio o un incidente, poi diviene
chiaro che non lo è. Non manca nemmeno il duo di indagatori, una
coppia improbabile quanto ben assortita: l'ispettore Alec Hardy
(David Tennant) e il sergente Ellie Miller (Olivia Colman). Lui:
cinico, pragmatico, forestiero, disastroso nei rapporti
interpersonali e dal passato scomodo e oscuro, che lo ha indotto a
ricercare l'anonimato in una cittadina di provincia; lei: sensibile,
piena di riguardi per il prossimo, mamma, moglie e detective dal
cuore d'oro, coinvolta emotivamente nelle indagini.
In
effetti, sono i personaggi più riusciti della serie, ed anche gli
unici a cui ci si riesca ad affezionare (molto è merito
dell'espressività dell'attrice che interpreta Ellie Miller e dal
contrasto di personalità che si crea fra i due: la scena dell'invito
a cena è quasi comica e certi dialoghi sanno vagamente di
cabaret...)
In
quanto alla famiglia della vittima, invece, sono uno più odioso
dell'altro: tutti io io io (con la sola eccezione della nonna)
egoisti, ingrati e ingiusti.
Ma
perfettamente intonati al loro ruolo (a parte l'assurda espressione
perenne del padre Mark (Andrew Buchan), che pare sempre intento a
trattenere una risata, anche nei momenti più drammatici). I
comprimari sono delineati in modo adeguato, e alcuni personaggi
(Susan e Nigel tra tutti) sono meravigliosamente irritanti, fin dalla
fisionomia.
La
storia è ben congegnata, riuscendo ad incuriosire lo spettatore
anche con quello che sembra un filone già saturo, spostando
l'attenzione dall'uno all'altro dei possibili colpevoli e dandoci
buoni motivi per dubitare di ognuno.
Il
finale, tuttavia (almeno per me) risulterà sorprendente (ma
ammettiamolo, ci si poteva arrivare), e tuttavia leale e coerente sia
con i personaggi che con la trama. Non solo, riuscirà altresì a
indurci a guardare molti dei fatti avvenuti con uno sguardo nuovo. E,
forse, un fazzoletto in tasca.
Nel
complesso un buon telefilm, benché proprio non capisca come possa
presupporre una seconda stagione... Eppure... Eppure è così, e alla
fine, dopo che tutti i fili sono stati annodati, ecco che arriva un
bel continua...
Pende più verso la Danimarca (Bron, The Killing), che verso la Svezia. Quest'ultima mi sembra infatti più tendente al crepuscolarismo tedesco degli anni Ottanta e Novanta, grazie a prodotti come la riduzione televisiva del Wallander di Mankell. I Danesi hanno invece ancora un concetto molto forte di comunità isolata nelle loro opere, e Broadchurch sembra attingere molto bene da quella lezione.
RispondiEliminaOps... Figurati che io credevo che The Killing fosse Svedese! Sorry...
RispondiEliminaHahahah
RispondiEliminaSiete dei pazzi!!! ;)
Marito e moglie che si rispondono sul blog come se fossero 2 utenti che non si conoscono!!!
E magari eravate seduti sullo stesso divano XD
Comunque mi hai dato la spinta a guardarlo :)
Ciao, Matteo!
RispondiEliminaL'importante è quello! Comunque, per la cronaca, eravamo in due città diverse (e così adesso). Il fatto è che mon amour non si permette di correggermi i post senza consultarmi, neanche quando è necessario, preferendo aggiungere un commento a parte... Bau!!!
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