LA
COMPAGNIA DEI CELESTINI
di Stefano Benni
Forse
dipende dalla circostanza che questo sia il suo primo libro che ho
letto, forse dal fatto che all'epoca ero ancora abbastanza giovine
(“La Compagnia” era appena uscito), ma tra i romanzi, racconti e
filastrocche di Stefano Benni (non li ho divorati tutti: dopo un
iniziale periodo di entusiasmo ho proceduto a singhiozzi e da anni
rimando di confrontarmi con “Elianto”, a detta di tanti amici la
migliore in assoluto fra le sue opere, che pure conservo a portata di
mano), questo è il volume che preferisco!
Di
norma di Benni apprezzo le singole trovate, lo stile brioso, i tocchi
di surrealtà, ma la trama, seppur mai spiacevole e sempre amenamente
scritta, in se per sé stenta spesso a convincermi e sovente mi
appare scontata, poco originale, volta a stupire per
l'autoreferenziale piacere di stupire, e non di raccontare, e quindi
abbastanza fine a se stessa: fatta di frammenti interessanti, sommati
ad una rutilante accozzaglia di facili stravaganze, ma con un
impianto di base debole, farraginoso. Perché la fantasia non è
immaginazione, e le due non vanno confuse...
Invece...
Invece,
ricordo “La Compagnia dei Celestini” come un prodotto di perfetto
equilibrio, con una trama spassosa e appassionante, ricca di colpi di
scena, di personaggi che non si limitano ad essere “carini” o
bizzarri, ma che ti portano all'immedesimazione e di cui ti stanno a
cuore i destini e la felicità.
Se
vogliamo, poi, è pure una metafora del mondo di oggi, in cui ciò
che c'è di buono deve soccombere dinanzi alla malvagità dei potenti
che pensano esclusivamente al proprio tornaconto personale, ma che
comunque non ne potranno godere, in quanto le loro azioni gli si
ritorceranno contro...
C'è
pure la lotta tra bene e male, riconoscibilissima nella finale di
Campionato di Pallastrada fra le squadre dei Devils e dei Celestini
(nomi non casuali...).
Ed
è questo, infatti, il motore del romanzo: il torneo di Pallastrada,
una specie di gioco del calcio, cui tre degli orfanelli ospiti dello
squallido brefotrofio della città immaginaria di Gladonia (parodia
del Bel Paese), nonché fondatori della Compagnia dei Celestini (una
banda di orfani), vogliono a tutti i costi partecipare... Quindi
fuggono, inseguiti dall'odioso Don Biffero, il responsabile
dell'orfanotrofio, e da Don Bracco, dal sorprendente olfatto... Il
tutto all'ombra di una misteriosa profezia...
Davvero,
questo romanzo mi era piaciuto da matti: avevo sghignazzato di gusto,
mi ero emozionata, e avevo trovato i personaggi una delizia... Se poi
si pensa che al calcio ho sempre riservato un malcelato disprezzo
(con tutto che la Pallastrada è assai più divertente) e che come
argomento in se per sé non mi attrae neanche di striscio e che pure
mi sentivo coinvolta...
Ecco,
adesso ho una voglia dannata di leggere Elianto...
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