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mercoledì 21 maggio 2014

Un prodotto di perfetto equilibrio


LA COMPAGNIA DEI CELESTINI
di Stefano Benni
 
 
Forse dipende dalla circostanza che questo sia il suo primo libro che ho letto, forse dal fatto che all'epoca ero ancora abbastanza giovine (“La Compagnia” era appena uscito), ma tra i romanzi, racconti e filastrocche di Stefano Benni (non li ho divorati tutti: dopo un iniziale periodo di entusiasmo ho proceduto a singhiozzi e da anni rimando di confrontarmi con “Elianto”, a detta di tanti amici la migliore in assoluto fra le sue opere, che pure conservo a portata di mano), questo è il volume che preferisco!

Di norma di Benni apprezzo le singole trovate, lo stile brioso, i tocchi di surrealtà, ma la trama, seppur mai spiacevole e sempre amenamente scritta, in se per sé stenta spesso a convincermi e sovente mi appare scontata, poco originale, volta a stupire per l'autoreferenziale piacere di stupire, e non di raccontare, e quindi abbastanza fine a se stessa: fatta di frammenti interessanti, sommati ad una rutilante accozzaglia di facili stravaganze, ma con un impianto di base debole, farraginoso. Perché la fantasia non è immaginazione, e le due non vanno confuse...

Invece...

Invece, ricordo “La Compagnia dei Celestini” come un prodotto di perfetto equilibrio, con una trama spassosa e appassionante, ricca di colpi di scena, di personaggi che non si limitano ad essere “carini” o bizzarri, ma che ti portano all'immedesimazione e di cui ti stanno a cuore i destini e la felicità.

Se vogliamo, poi, è pure una metafora del mondo di oggi, in cui ciò che c'è di buono deve soccombere dinanzi alla malvagità dei potenti che pensano esclusivamente al proprio tornaconto personale, ma che comunque non ne potranno godere, in quanto le loro azioni gli si ritorceranno contro...

C'è pure la lotta tra bene e male, riconoscibilissima nella finale di Campionato di Pallastrada fra le squadre dei Devils e dei Celestini (nomi non casuali...).

Ed è questo, infatti, il motore del romanzo: il torneo di Pallastrada, una specie di gioco del calcio, cui tre degli orfanelli ospiti dello squallido brefotrofio della città immaginaria di Gladonia (parodia del Bel Paese), nonché fondatori della Compagnia dei Celestini (una banda di orfani), vogliono a tutti i costi partecipare... Quindi fuggono, inseguiti dall'odioso Don Biffero, il responsabile dell'orfanotrofio, e da Don Bracco, dal sorprendente olfatto... Il tutto all'ombra di una misteriosa profezia...

Davvero, questo romanzo mi era piaciuto da matti: avevo sghignazzato di gusto, mi ero emozionata, e avevo trovato i personaggi una delizia... Se poi si pensa che al calcio ho sempre riservato un malcelato disprezzo (con tutto che la Pallastrada è assai più divertente) e che come argomento in se per sé non mi attrae neanche di striscio e che pure mi sentivo coinvolta...

Ecco, adesso ho una voglia dannata di leggere Elianto...

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