V
FOR VENDETTA
di Alan Moore e David Lloyd
Avete
visto il film? Dimenticatelo.
Non
dico che sia brutto, perché non lo è: un piacevole action-movie con
qualche tematica interessante e bravi interpreti... Ma la trama
originale, il messaggio che ci sta dietro (che si ramifica e
moltiplica in un caleidoscopio di digressioni), la varietà
stilistica (dal monologo alla Joyce al pentametro giambico...), la
complessità dei personaggi (o la loro voluta banalità), della
trama, dei riferimenti artistico-letterari, delle riflessioni: tutto
risulta tragicamente ridotto e impoverito rispetto alla sua fonte
ispiratrice, questa sublime graphic novel, pietra miliare del fumetto
mondiale. Un capolavoro, un'opera di alta letteratura... Che del
resto non si può condensare in appena 132 minuti di pellicola, con
le sue pagine fitte di disegni e parole e interstizi.
In
evidente contestazione con la politica
thatcheriana, Moore
ambienta la sua opera in un futuro distopico in cui l'Africa non c'è
più (distrutta con una bomba nucleare) e l'Inghilterra è dominata
da un regime totalitario di impronta fascistoide che controlla ogni
aspetto della vita dei suoi cittadini, cercando di inibirne il
pensiero tramite propaganda, repressione e tv spazzatura... Chi non
si conforma (magari solo perché appartiene ad una qualche minoranza)
finisce in un bel campo di concentramento.
Solo
il nostro V, dotato di astuzia, coraggio, carisma e maschera bianca
da Guy Fawkes (cospiratore che nel 1605 ha tentato di far saltare in
aria il Re e il Parlamento inglesi), cerca di opporsi a tale stato di
cose, ricorrendo, quando è il caso, alla violenza.
Noi
però seguiamo le sue gesta dal punto di vista dei comprimari, ed in
particolare di Evey, una bella fanciulla in difficoltà, salvata da V
in un frangente pericoloso e che presto assurgerà a protagonista,
cambiando nel profondo anche come persona.
La
trama, naturalmente improntata alla vendetta (o si tratta di
giustizia?), è più complicata di come possa apparire all'inizio e
ricca di sfaccettature. Sotto alcuni profili, legata com'è agli anni
80, può ormai apparire datata, ma solo a livello marginale, perché
nei suoi paradigmi essenziali rimane un'opera eterna ed
intramontabile, anche se, certamente, adesso ha perso parte del suo
carattere eversivo (ai tempi in cui è stata scritta il solo toccare
certi argomenti in un fumetto era fantascienza) e non sembra nemmeno
più tanto originale. Se devo essere onesta, la prima volta in cui
l'ho letta mi era parsa meravigliosa, ma non eccelsa, specie se
confrontata con Watchmen, e solo alla seconda lettura, avvenuta anni
dopo, sono riuscita a rivedere la mia opinione, potendo cogliere
aspetti che in un primo tempo avevo trascurato. Uno dei suoi massimi
motivi di interesse è senz'altro l'eclettismo narrativo di Alan
Moore, ma non è immediato. La trama coinvolge, ma il segreto della
sua bellezza sta più in ciò che resta tra le righe che in quanto
viene esplicitato (con tutto che alcuni passaggi sono semplicemente
magistrali) con la conseguenza che richiede un po' di tempo per
sedimentarsi ed attecchire, e quindi per essere apprezzata appieno.
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