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venerdì 23 maggio 2014

Un'opera eterna


V FOR VENDETTA
di Alan Moore e David Lloyd
 
 
Avete visto il film? Dimenticatelo.

Non dico che sia brutto, perché non lo è: un piacevole action-movie con qualche tematica interessante e bravi interpreti... Ma la trama originale, il messaggio che ci sta dietro (che si ramifica e moltiplica in un caleidoscopio di digressioni), la varietà stilistica (dal monologo alla Joyce al pentametro giambico...), la complessità dei personaggi (o la loro voluta banalità), della trama, dei riferimenti artistico-letterari, delle riflessioni: tutto risulta tragicamente ridotto e impoverito rispetto alla sua fonte ispiratrice, questa sublime graphic novel, pietra miliare del fumetto mondiale. Un capolavoro, un'opera di alta letteratura... Che del resto non si può condensare in appena 132 minuti di pellicola, con le sue pagine fitte di disegni e parole e interstizi.

In evidente contestazione con la politica thatcheriana, Moore ambienta la sua opera in un futuro distopico in cui l'Africa non c'è più (distrutta con una bomba nucleare) e l'Inghilterra è dominata da un regime totalitario di impronta fascistoide che controlla ogni aspetto della vita dei suoi cittadini, cercando di inibirne il pensiero tramite propaganda, repressione e tv spazzatura... Chi non si conforma (magari solo perché appartiene ad una qualche minoranza) finisce in un bel campo di concentramento.

Solo il nostro V, dotato di astuzia, coraggio, carisma e maschera bianca da Guy Fawkes (cospiratore che nel 1605 ha tentato di far saltare in aria il Re e il Parlamento inglesi), cerca di opporsi a tale stato di cose, ricorrendo, quando è il caso, alla violenza.

Noi però seguiamo le sue gesta dal punto di vista dei comprimari, ed in particolare di Evey, una bella fanciulla in difficoltà, salvata da V in un frangente pericoloso e che presto assurgerà a protagonista, cambiando nel profondo anche come persona.

La trama, naturalmente improntata alla vendetta (o si tratta di giustizia?), è più complicata di come possa apparire all'inizio e ricca di sfaccettature. Sotto alcuni profili, legata com'è agli anni 80, può ormai apparire datata, ma solo a livello marginale, perché nei suoi paradigmi essenziali rimane un'opera eterna ed intramontabile, anche se, certamente, adesso ha perso parte del suo carattere eversivo (ai tempi in cui è stata scritta il solo toccare certi argomenti in un fumetto era fantascienza) e non sembra nemmeno più tanto originale. Se devo essere onesta, la prima volta in cui l'ho letta mi era parsa meravigliosa, ma non eccelsa, specie se confrontata con Watchmen, e solo alla seconda lettura, avvenuta anni dopo, sono riuscita a rivedere la mia opinione, potendo cogliere aspetti che in un primo tempo avevo trascurato. Uno dei suoi massimi motivi di interesse è senz'altro l'eclettismo narrativo di Alan Moore, ma non è immediato. La trama coinvolge, ma il segreto della sua bellezza sta più in ciò che resta tra le righe che in quanto viene esplicitato (con tutto che alcuni passaggi sono semplicemente magistrali) con la conseguenza che richiede un po' di tempo per sedimentarsi ed attecchire, e quindi per essere apprezzata appieno.

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