TRUE
DETECTIVE
di Carey Fukunaga e Nic Pizzolatto
Forse
il serial televisivo più bello degli ultimi anni, almeno fra quelli
che ho visto io. Vieni conquistato per l'eternità già dalla sigla,
sia per le immagini sovrapposte e oniriche che si susseguono cariche
di potenza e di allusioni (la mia preferita è “la ragazza
telefono”), sia per la bellissima canzone, indimenticabile,
struggente e intensa.
Per
il resto, ogni cosa tange la perfezione: Matthew McConaughey, per
quanto smagrito, è alla sua migliore interpretazione di sempre (e
pensare che se quando faceva il belloccio lo detestavo, come
mentalmente disturbato è eccelso, oltreché adorabile) mentre Rust,
il suo personaggio, geniale e nichilista, con i suoi abissi mentali,
i suoi vuoti, e il suo sistema di interrogatorio fuori dagli schemi,
ti cattura e ti ipnotizza, sparandoti, ogni tanto, una bella frase
taglia-vene.
Woody
Harrelson, invece, mi è sempre piaciuto, e pure lui se la cava alla
grande. Anche Martin, il personaggio che interpreta è interessante,
per quanto sia assai meno magnetico e molto più “normale”, con
le sue contraddizioni (passa dall'espressione più tenera e
cucciolosa del mondo ad una ferocia da toro incattivito), i suoi
tentativi – vanificati da lui stesso – di essere un buon uomo, un
buon padre, un buon marito e, infine, ma non per ultimo, un buon
detective. E insieme creano un'alchimia perfetta, fatta di incastri e
contrasti.
Si
comincia con la ragazza trovata morta, uccisa, con i segni demoniaci
sulla spalla e le corna in testa. Poi ci sono quelle costruzioni con
gli sterpi, magnificamente inquietanti, le implicazioni religiose, le
maschere con gli animali, fino che arrivano i riferimenti al Re
Giallo e a Carcosa. Solo alla quinta puntata mi è venuto il flash di
Ambrose Bierce, con i suoi Racconti dell'Oltretomba. Meraviglia! Il
riferimento, invero, ho scoperto girellando sul web, è a “Il Re in
Giallo” di R. W. Chambers (che si è ispirato a Bierce) e che
naturalmente bramo ai massimi gradi (ma pare che al momento la
versione cartacea sia fuori catalogo: speriamo in una pronta
ristampa).
Per
il resto, la storia si svolge su due diversi piani temporali, con una
costruzione a ritroso e un percorso in avanti. Si intreccia, si
dipana, si riavvolge, e talvolta sembra un sogno dai confini
smarriti. Tende al filosofico, al metafisico, ed è, al contempo, con
i piedi così piantati nel fango che ce li si sente sporchi e umidi,
mentre l'odore di sigaretta permea ogni cosa.
Ci
si addentra sempre di più nelle menti e nelle vite dei protagonisti,
cercando di seguire il senso di questo delitto, che probabilmente non
è solo un episodio isolato, ma ha insospettabili e terribili
diramazioni (tanto che si parla di setta, di rito, di serial killer).
Si tocca la solitudine, ci si sguazza dentro, in modi diversi e
spesso difficili da accettare.
Il
terreno frana spesso, si sgretola, minaccia di inghiottirci. Ci porta
a vagare in ogni direzione, tanto che a volte ci pare di essere senza
meta, di seguire percorsi mentali che in realtà non ci sono, ma che
stiamo soltanto immaginando, mentre gli indizi ci sfilano davanti
senza che noi riusciamo a riconoscerli come tali.
Ma
poi, finalmente, arriviamo a Carcosa...
Nessun commento:
Posta un commento