UNA
PICCOLA LIBRERIA A PARIGI
di Nina George
Un
romanzo che mi ha attirato sin dalla copertina, ma che non ho fatto
in tempo a comprarmi perché me lo ha regalato prima una mia cara
amica... Ebbene, a riguardo devo ammettere che ci sono da rilevare
molti elementi positivi, ma altrettanti negativi.
Iniziamo
con i primi: stimolante l'idea dei libri come farmaci, e altrettanto
la breve appendice in fondo, con i rimedi letterari per i malesseri
più diffusi (benché i testi citati siano un po' inflazionati... la
speranza era quella di scoprire qualche titolo nuovo). Anche
l'appendice con le ricette è stata gradita, e devo ammettere che
sono piacevolissime e succulente da leggere, anche se non si è dei
provetti chef. In effetti il dato culinario è piuttosto importante
nel corso di tutta la narrazione, e affrontato in modo sensuale e
passionale (ma siamo lontani dalla carnalità intensa e pastosa della
Joanne Harris... Qui senti il profumo delle pietanze, laddove lei ti
fa venire una brama di cibo e di golosità senza pari).
L'argomento
di base non è molto semplice da trattare: la morte di una persona
amata, oltre vent'anni prima, ma viene avvicinato con estrema
delicatezza e intimità.
Ci
sono belle atmosfere, dei bei paesaggi spesso si avverte una
sensazione di tepore, leggendo, inoltre ho apprezzato il triangolo
Jean Perdu, Manon e Luc e la concezione della vita e dell'amore di
Manon.
Alcuni
passaggi sono davvero incantevoli, le parole armoniose e scelte con
cura, le frasi semplici, scorrevoli, ma piene di luce. Tuttavia ci
sono anche dei brani banali e improntati alla mera funzionalità,
parolacce (non molte) che stridono in maniera oscena nel contesto e
danno quasi fastidio (e io leggo anche autori di una volgarità
estrema e godereccia – ad esempio Irvine Welsh – senza provare
alcuna irritazione, dato che riescono a fondere le “marronevolezze”
con il testo, senza stonare).
Per
il resto, ci sono alcune parti noiosette, che a tratti ho patito (ma
devo ammettere che, quando sei di umore malinconico, sono comunque
piacevoli da leggere, infuse come sono di dolcezza …). Si tende
troppo all'autocommiserazione, ci si crogiola dentro, spesso i
sentimenti appaiono pretestuosi, esacerbati, troppo carichi di
autocompatimento e dolore, insistiti, e insistiti ancora, fino a
risultare stancanti, insulsi, fini a se stessi.... Bisogna essere
scrittori eterni per permettersi simili libertà, e Nina George non
la è. Troppo debole, troppo scontata.
In
sostanza, se mai dovessi prescrivere questo romanzo come farmaco, lo
consiglierei in caso di malinconia e depressione, perché può avere
un effetto consolatorio/lenitivo... Ma attenzione! Non più di 30
pagine al giorno: il sovradosaggio può indurre all'isteria!
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