DELLAMORTE
DELLAMORE
di Tiziano Sclavi
Francesco
Dellamorte per molti versi sembra Dylan Dog in forma di romanzo
(almeno superficialmente, tanto che spesso viene spacciato come il
suo prototipo), ma per altri non potrebbe esserne più distante:
Francesco è più triste, più malinconico, decisamente più solo,
cinico e nichilista, con un vago humor non solo nero, ma soprattutto
dimesso e amaro. Persino l'assistente dell'eroe, quello che in teoria
dovrebbe essere la spalla comica, fa pensare più al pianto che al
riso: non lo spumeggiante Groucho, dalla battuta sempre pronta, ma
Gnaghi, lo scavafosse che si esprime a “gna” e che reca in sé un
senso di rassegnazione e sconfitta... Del resto, non siamo a Londra,
ma a Buffalora, un piccolo centro in Lombardia, e Francesco, a
differenza di Dylan, non è un indagatore dell'incubo, ma il
guardiano del cimitero locale. Anche qui, però, accadono cose
strane: i morti risorgono e hanno fame. Zombie, quindi (o
Ritornanti). Ma anch'essi, più tristi che pericolosi. E, tutto
sommato, di contorno.
La
vera protagonista, infatti, è lei, la morte, che ossessiona
Francesco, aspirante suicida, becchino, uccisore di zombie (ma anche
di persone normali, così, per portarsi avanti col lavoro...)... La
morte che è una minaccia e una liberazione, che è crudele e
pietosa... I capitoli sono persino scanditi da una ballata intitolata
a lei, alla “regina senza scettro e corona”, la stessa che, con
qualche variante, verrà riproposta nel Dylan Dog numero 10,
“Attraverso lo Specchio”...
Ma
il nostro eroe insegue pure l'amore, nella figura di Lei, che muore
(uccisa da Francesco) e ritorna più volte... Come vedova, come
prostituta... E che forse è un'illusione, forse no... Ed è buffo,
perché se lui di cognome fa Dellamorte, sua madre, invece, da
ragazza si chiamava Dellamore...
Il
romanzo, impreziosito dalle eleganti illustrazioni di Angelo Stano,
mi era piaciuto, uno dei più belli di Sclavi, macabro e dannato,
romantico e desolante, con sfumature lisergiche... Ma non ha un
andamento lineare e ricostruire una trama non è facilissimo, specie
se l'ultima lettura risale a parecchi anni fa. A poco a poco i piani
si fanno sempre più confusi, e non si capisce dove finisca la morte
e dove inizi la vita, che cosa sia sogno e che cosa realtà...
L'elemento
che avevo apprezzato di più, comunque, era la voce fuori campo, che
fa da contraltare narrativo e spesso sottolinea i momenti salienti,
esasperandoli o ironizzandoci su, e in generale lo stile di Sclavi,
essenziale, lapidario, un po' sornione, a metà tra una sceneggiatura
e un fumetto... Il romanzo, per dire, si conclude con dei titoli di
coda...
Curiosità:
Francesco Dellamorte compare nel Dylan Dog speciale n. 3 “Orrore
nero” e nella storia breve “Stelle cadenti”, pubblicata in
appendice al volumazzo rilegato e a colori della Mondadori con la
ristampa, appunto, di “Orrore nero” e poi riproposto in
Superbook.
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