ECCOCI
QUI
di Dorothy Parker
Dieci
racconti brevi scritti e ambientati negli anni '30, ritratto
impietoso e mordace dell'alta borghesia dell'epoca, delle sue
illusioni, contraddizioni e soprattutto ipocrisie. Certo, per molti
versi la società è cambiata da allora, ma sotto altrettanti altri,
forse i più importanti, è sempre la stessa e le feroci sferzate
dell'autrice sono attualissime, sottolineate, per giunta, dal suo
stile secco e imperativo, che va dritto al punto, per poi spaccarlo
in due.
Dieci
racconti, dunque, per 166 pagine, e uno tira l'altro, e ti lascia un
sapore come di sangue in bocca, splendidamente acre... C'è anche
dell'ironia, sotto... Però, di quella affilata, senza troppa
simpatia, fortemente incisiva.
Alla
prima lettura a colpire è soprattutto la critica sociale (verso il
razzismo, la superficialità, i pregiudizi, etc...), la trovata, la
causticità, il divertimento a ribaltare il significato del titolo o
a grattarne via la “patina dorata” mostrandoci le crepe di quanto
rappresenta. Alla seconda, però, si gusta ogni sillaba... E si
ammira la composizione, pennellata per pennellata, tassello per
tassello, di questo mondo fatto di donne deluse o ingannate o
sfruttate, o conformiste e vuote, di uomini orribili ed egoisti, o in
qualche caso repressi...
Non
c'è spazio per la felicità, ma non per questo si diventa tristi. Si
è troppo impegnati a scrutare con occhio clinico l'analisi
chirurgica e perfetta della raffinata Parker per farsi coinvolgere
più di tanto a livello emotivo.
Il
racconto che, in generale, viene considerato il migliore, fra questi,
nonché uno dei capolavori della nostra scrittrice, è “Una bella
bionda”, molto dolente, ed in effetti capace di destare maggior
empatia rispetto agli altri, sprofondandoci con sapienza e acuta
consapevolezza nelle spirali del vuoto esistenziale...
Ma
io ho preferito “Composizione in bianco e nero”, efficacissimo, e
lo stesso “Eccoci qui”, che dà il nome all'antologia, e che in
fondo mi è parso il più crudele di tutti, mettendo a nudo la
mediocrità di due novelli sposi e spogliandoli di ogni possibile
riscatto... Idealmente fa da pendant a “Che peccato” e “Che bel
quadretto”, entrambi improntati sull'inconsistenza di alcuni
matrimoni, entrambi trancianti.
Racconti
semplici, essenziali.
Ma
solo a prima vista.
Percorsi
da una vena di tragica comicità.
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