ANOTHER
EARTH
(2010)
Rhoda
(Brit Marling), una bella figliola intelligente e dotata di tutto,
neo ammessa al MIT, torna a casa da una festa, ubriachella e felice,
pregustando il suo radioso futuro. E' in macchina, sta guidando.
Mentre ascolta l'autoradio apprende che è stato scoperto un altro
pianeta Terra, detto Terra 2, identico al nostro, potenzialmente
raggiungibile.
Notizia
sconvolgente, tanto che Rhoda, sorpresa, va sbattere contro una
vettura ferma uccidendo madre incinta, figlio infante, e spedendo il
papà in coma per quattro anni.
Stesso
periodo che lei trascorrerà in prigione.
Quando
esce, però, non è più la ragazza spensierata di prima: rosa dai
sensi di colpa, accetterà solo un lavoro da bidella, come se volesse
mortificare la sua intelligenza, come se nulla più le importasse,
tornando periodicamente sul luogo dell'incidente in una sorta di
malata forma di espiazione... A darle speranza, solo la possibilità
di vincere un viaggio su Terra 2, dove si trova il doppio di ognuno,
con gli stessi pensieri e lo stesso destino. Almeno sino a quattro
anni fa: il giorno della scoperta, infatti, c'è stata una perdita di
sincronicità e i destini degli abitanti dei due pianeti potrebbero
non essere più identici per ogni individuo...
Nel
frattempo, l'uomo cui Rhoda ha sterminato la famiglia (William
Mapother, noto per aver interpretato l'orribile Ethan in “Lost”)
è uscito dal coma, così lei decide di presentarsi da lui, senza
palesarsi subito come rea, ma spacciandosi per la dipendente di
un'impresa di pulizia, pronta ad offrirle una prova gratuita...
Di
solito salto le trame, ma questa è così bella che ho dovuto almeno
introdurla. Il film è stato davvero una scoperta: potente, intenso –
la fantascienza meno fantascientifica che abbia mai visto –
struggentemente lirico... Si fonda su un presupposto col sapore della
fiaba e del paradosso, determinante ma non invasivo, pregno di
implicazioni filosofiche e di riflessioni. Una pellicola fatta di
silenzi e di rimpianti, di dolore e di malinconia, eppure senza cali
di tensione, senza momenti di stanca, col pianeta che si staglia in
cielo, enorme, colossale, suggestivo, che sa di distruzione e di
malinconia. Ma anche di promesse, di domande, che ha il fascino
dell'ignoto e dell'ipotetico (ricorda “Melancholia”, vero? Sì,
ma Another Earth viene prima...).
La
dimensione che esprime è fortemente umana, densa di interrogativi,
sul destino, su di noi, sulla capacità di autodeterminazione...
Costellato
da momenti di grande drammaticità alternati a una profonda tensione
tutta interiore, tiene lo spettatore incollato allo schermo sin dalle
prime inquadrature.
Persino
la fine (che è stata criticata) mi è piaciuta, ed anzi è perfetta.
Non
banale, ma logica, naturale.
Irrinunciabile.
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